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La nascita dell’Impressionismo

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Claude Monet, Impression, soleil levant, 1872

“[…] Poco dopo si fermò davanti a Impression, soleil levant di Monet. Il suo viso diventò paonazzo. […] Che rappresenta questo quadro? Come dice il catalogo? Impression, soleil levant. L’avrei giurato! Dicevo giusto a me stesso che ci doveva essere qualche impressione che mi aveva colpito… E che libertà; che bravura! Una carta da parati al suo stato embrionale è più rifinita di questa marina.”

(Louis Leroy da Le Charivari, aprile 1874)

Il 25 aprile 1874 a Parigi, al numero 35 di boulevard des Capucines, nei locali dello studio del fotografo Nadar, fu inaugurata la prima mostra degli impressionisti.

Tali artisti, pur non facendo capo ad un gruppo determinato e non avendo un programma teorico preciso e definito, si riunirono sotto un comune movimento artistico, poiché comune a tutti era la volontà di combattere la vecchia tradizione della pittura accademica.

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Edgar Degas, Lezione di danza, 1873-1875

La carica rivoluzionaria dell’Impressionismo trovò i suoi più immediati precedenti nella cultura romantica di fine Settecento.

Il Romanticismo, infatti, aveva già fatto sue alcune idee che saranno poi portate alle estreme conseguenze dall’Impressionismo: la negazione del valore intrinseco di un soggetto, che toglieva, di fatto, alla pittura storica o a quella religiosa il primato su quella di genere o su quella profana; l’importanza della pittura di paesaggio; l’interesse per il colore più che per il disegno definito; la nascita della figura mitica dell’artista quale creatore geniale e ribelle alle convenzioni sociali ed, infine, la scoperta della soggettività. Fu proprio la soggettività il vessillo sbandierato risolutamente dagli impressionisti che affermavano il primato dell’occhio sulla conoscenza.

Rimarcando la preminenza della visione individuale, gli impressionisti si proposero di ritrarre ciò che essi stessi vedevano e percepivano, rivendicando, allo stesso tempo, il ruolo autonomo dell’opera d’arte: un’opera andava giudicata per se stessa, non attraverso dei principi ad essa estranei.

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Claude Monet, Gare Saint-Lazare, 1877

Gli impressionisti furono influenzati, inoltre, anche da altri artisti che li avevano preceduti e che avevano dimostrato un interesse particolare per la pittura di paesaggio come Rousseau, animatore della scuola di Barbizon, Constable, van Ruysdael, Boudin e molti altri, che in varie epoche e nazioni liberarono la loro tavolozza e il loro pennello ai fremiti della pittura en plein air.

Essi dimostrarono, altresì, una grande attenzione per l’arte giapponese. L’incontro ufficiale dei francesi con la cultura orientale avvenne durante l’Esposizione universale di Parigi del 1867, dove furono esposte, tra l’altro, stampe di Hiroshige e Sadahide, ma l’interesse per la grafica giapponese circolava già da tempo tra un ristretto circolo di esteti e collezionisti.

Le stampe giapponesi furono per gli impressionisti una vera e propria rivelazione, esse diedero modo a questi artisti di porsi in relazione con un’arte che sovvertiva i tradizionali canoni compositivi occidentali. “Ciò che maggiormente abbiamo apprezzato in Occidente degli artisti giapponesi è l’audace modo di scorciare i soggetti; non c’è dubbio che questa gente ci ha insegnato a comporre le immagini in modo molto diverso”, affermava a tal proposito Monet.

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Edouard Manet, Ritratto di Zola, 1868

Oltre agli effetti compositivi, anche l’uso antinaturalistico che i giapponesi facevano del colore fu un elemento che influenzò notevolmente gli impressionisti.

“Bisognava proprio che arrivassero da noi gli album giapponesi perché qualcuno osasse […] mettere insieme su una tela un tetto di un rosso brillante, un muro bianco, un pioppo verde, una strada gialla e l’acqua azzurra.

Prima sarebbe stato impossibile. Il pittore mentiva sempre. Era accecato dalla natura e dai suoi colori violenti; sulle tele si vedevano solo colori tenui, immersi in una tonalità sfumata.”

(Théodore Duret, 1878)

Gli impressionisti non furono però succubi dell’arte orientale, ma le stampe giapponesi diedero loro modo di risolvere alcuni problemi che già avevano cominciato ad affrontare, trovando così la conferma di una visione che era ancora in fieri.

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Berthe Morisot, Il porto a Lorient, 1869

Un altro fattore determinante per lo sviluppo della pittura impressionista furono le nuove acquisizioni tecnico-scientifiche.

E’ noto come i principi sull’uso dei colori enunciati da Chevreul nelle sue opere, furono la base per la teoria dei colori formulata dagli impressionisti, che prevedeva l’uso di tutti i colori senza mescolarli.

Anche l’avvento della fotografia, nella prima metà del secolo, contribuì notevolmente a formare in questi artisti una nuova consapevolezza visiva rigettando, al contempo, le immagini stereotipate ed idealizzate dell’arte accademica.

Molti artisti impressionisti si cimentarono in prima persona nell’arte dello scatto ed utilizzarono il mezzo fotografico come strumento e punto di partenza per la successiva composizione pittorica. Fra gli impressionisti che ricorsero spesso alla fotografia, vi fu senza dubbio Degas, che conservava nel suo studio un grande numero di scatti fonte di ispirazione per la sua opera.

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Edgar Degas, L’assenzio, 1875-1876

Bisogna tener conto che, pur animati da un sentimento comune e condiviso, ogni artista che si suole ricondurre sotto l’etichetta di impressionista, ebbe una sua personalità autonoma e un suo originale modo di interpretare e rappresentare la realtà.

Verso la fine degli anni Ottanta dell’Ottocento, la spinta rivoluzionaria che aveva animato gli impressionisti pareva aver perso di vigore: dissensi personali, dubbi e perplessità sull’uso della linea e del colore, avevano diviso un gruppo che già si reggeva su di un precario equilibrio. Antichi sostenitori del movimento si abbandonavano a critiche molto spesso feroci.

“Tutti gli impressionisti sono dei semplici tecnici. In arte, come in letteratura, sopravvivono solo le idee e i metodi nuovi: per imporsi come uomo di genio, un artista deve tirare fuori quello che ha dentro, altrimenti è soltanto un pioniere. E gli impressionisti, per quello che posso vedere, sono esattamente dei pionieri.”

(Emile Zola, 1879)

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Pierre-Auguste Renoir, La colazione dei cannottieri, 1880

Nonostante tutte le polemiche e i contrasti, l’Impressionismo non passò invano, sul finire dell’Ottocento era divenuto lo stile all’avanguardia sul quale si esercitarono quelli artisti che, come Picasso, sarebbero poi divenuti i protagonisti della pittura europea del XX secolo: entro la sua scia o in aperta opposizione era necessario venire a patti con questo grande ed importante movimento artistico.

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Edgar Degas, L’Etoile, 1876



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